Il Csi ai candidati

Lo Sport è un Fattore fondamentale nella vita delle persone e delle comunità: è decisivo nella formazione e nell’educazione nei momenti dello sviluppo delle nuove generazioni. Fa bene alla salute, previene molte malattie e non solo fisiche… Costruisce relazioni e incentiva la formazione di comunità aperte, libere, inclusive.

Eppure, l’accessibilità all’esperienza sportiva non è un dato che sollevi gioia e soddisfazione. Innanzitutto, se osserviamo il numero dei praticanti degli ultimi 10 anni, notiamo una situazione statica. Se pensiamo al 2010, nel 2015 l’incremento è pari solo allo 0,4%. Nei fatti, un terzo della popolazione italiana pratica sport; ovvero: due terzi NO! Dopo i 25 anni, si registra un costante declino dei praticanti; fino ai 18 anni, mediamente, oltre il 35% dei minori non pratica sport . E un minore su 4 non lo pratica in maniera continuativa. Nella fascia 15-17 anni, più del 30% dei giovani si astiene dalla pratica sportiva.

Altri dati si aggiungono:

•  tra il 2010 e il 2015 diminuiscono di 6 punti percentuali i ragazzi 5-13 anni che praticano attività sportive nel tempo extrascolastico;

•  il 19% dei genitori dichiara, alla domanda sul perché la propria prole non si diletta in sport: Vorremmo, ma abbiamo alcune difficoltà economiche.

Se gli stessi genitori, per il 16%, dicono che i propri figli hanno interrotto l’attività sportiva, siamo ben lontani dall’avere una generazione di giovani sportivi.

Eppure, la pratica sportiva è determinante nelle politiche di prevenzione e di sostegno alla salute, nelle politiche educative e giovanili, nelle politiche di welfare e del turismo, ecc..

Il sistema

Molto si è parlato, a seguito degli insuccessi di alcune nazionali (non solo calcio), della crisi dello sport italiano. Il punto, però, non è la mancanza di successi, ma l’assenza di una prospettiva di lungo periodo perché l’Italia sia davvero un Paese di sportivi. Difficile pensare che questo possa accadere senza riforme e chiarezza all’interno del sistema sportivo italiano; un sistema reso complesso dalla presenza di soggetti contrapposti, di normative frammentarie, di una mancata programmazione strategica tra governo nazionale e governi locali.

In Italia non c’è un Ministero dello Sport: c’è un sistema sportivo normato e regolato dal CONI, che fatica a tenere insieme sia le istituzioni che i contenuti di quello che oggi chiamiamo sport. Più di mille forme differenti di “sport” di cui solo 386 riconosciute dal CONI; di base, di vertice, agonistiche, professionali, per tutti, per chi se le può permettere, da 0 a 100 anni e oltre.

Il CONI, in teoria, accoglie integralmente il sistema sportivo in ciascuna delle sue componenti, ma è chiaro a tutti che ben diverse dovrebbero essere la gestione e le funzioni delle federazioni sportive e degli enti di promozione sportiva. Anche il numero degli EPS e delle FSN appare sovrastimato. A ciò si aggiunga che il contributo che il CONI riconosce a tali soggetti costringe a una competitività, basata sui numeri, che non sempre risponde a criteri di trasparenza e di certezza, provocando sovrapposizioni, contrapposizioni e conflitti fra gli stessi; e spesso, purtroppo, non corrisponde nemmeno a qualità della proposta sportivo-educativa.

Un territorio come quello italiano, caratterizzato da 145.000 associazioni sportive, circa 90.000 impianti sportivi e una proliferazione di soggetti promotori, si basa su un’assenza normativa quadro e su perpetue e contraddittorie interpretazioni dei soggetti istituzionali e su una base strutturale e dirigenziale fondata principalmente sul semi-volontarismo e sulla passione sportiva, in grande difficoltà a governare il mutamento normativo e il cambiamento associativo.

Interventi…

Le recenti introduzioni normative post riforma del Codice del Terzo Settore e della recente legge finanziaria, hanno incentivato la sovrapposizione interpretativa e destato diverse perplessità e paure. Occorre avere ancora pazienza, attendere i decreti correttivi e le circolari interpretative ma soprattutto aiutare le associazioni sportive a fare autoanalisi, a leggere meglio i contenuti e le attività che svolgono e verso quale modello sportivo si stanno indirizzando.

È quella fitta rete di associazionismo territoriale la base e la forza del sistema sportivo italiano. Una rete che si sta interrogando sull’attività sportiva che promuove, sulle finalità che persegue, sull’organizzazione che ha e di cui avrebbe bisogno, sugli spazi che utilizza, sulla presenza e l’incidenza che ha nelle nostre comunità, sulle responsabilità educative e sociali che si porta dietro.

Quello che è certo è che non si può stare fermi a fare come si è sempre fatto, ma approfittare delle novità per cambiare.

Il cambiamento non va cercato per sovvertire, ma per evolvere, per proiettarsi in logiche di miglioramento. Un primo passaggio, allora, è innanzitutto culturale: distinguere chiaramente sport di livello e promozione sportiva, in cui lo sport è lo strumento per lo sviluppo della persona e della comunità. Il concetto essenziale, già in uso, è quello di atleta di interesse nazionale. Il comitato olimpico e le federazioni devono garantire, tutelare, accompagnare, supportare gli atleti di interesse nazionale; per tutti gli altri, il loro mondo è quello della promozione sportiva e, nelle età giovanili, quello della polisportività, quale esperienza di ricerca e di formazione.

In questo modo, sarebbe chiara la distinzione tra le politiche sportive, in cui protagonisti sarebbero il CONI e le federazioni, e le politiche attraverso lo sport, in cui i protagonisti sarebbero gli enti di promozione sportiva.

Il secondo stimolo proviene dagli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, in cui l’esperienza sportiva può divenire effettivo strumento al servizio di alcuni di essi, oppure ambito in cui sperimentare la concreta attuazione dei medesimi: parità di genere, buona salute, energia rinnovabile, riduzione delle disuguaglianze… solo per citarne alcuni.

Infine, ma non per importanza, poniamo il ruolo delle società sportive, quali comunità territoriali che, in un contesto globale, rappresentano avamposti educativi, sociali ed economici, spesso trascurati nelle politiche di sviluppo e sociali.

Le Istituzioni debbono conoscere e prendere coscienza delle potenzialità del sistema associativo sportivo. Occorre però fare distinzione tra visione, azioni e modelli di sport e occorre una legislazione quadro per normare lo sport di base, sociale, quello che oggi rappresenta uno strumento indispensabile per la vita delle persone e delle comunità.

La politica deve mettere al centro dei propri programmi una visione dello sport come volano di sviluppo umano, sociale ed economico delle comunità e della nazione.

Le proposte

Ai candidati che provengono dal mondo dello sport, o ad esso guardano come interlocutore, chiediamo di esprimersi chiaramente su alcuni punti e di includerli nelle agende elettorali dei rispettivi partiti. In particolare, il Centro Sportivo Italiano pone all’attenzione dei candidati alle prossime elezioni quanto segue:

1. Differenziare, a partire dal concetto di atleta di interesse nazionale, le competenze del comitato olimpico e delle federazioni da quelle degli enti di promozione sportiva;

2. Tutelare le società sportive a partire dalle effettive tipologie delle medesime, molto differenti rispetto alla dimensione economica, alla funzione prevalente, alla struttura e alle discipline sportive praticate; di conseguenza, sarà possibile anche riconoscere regimi fiscali e tributari semplificati e di favore, a seconda delle tipologie medesime;

3. Definire i regimi fiscali e tributari in sede legislativa e non rinviandoli, come accade oggi, a delibere e procedure in capo al CONI, il quale, tramite il registro e le delibere sulle discipline sportive riconosciute, assegna regimi di favore che, ad esempio, tengono fuori tutte le esperienze sportive in oratorio, nei quartieri periferici, ecc., dove l’attività ludico-motoria non strutturata è uno degli strumenti per l’avviamento allo sport. Si definisce così il paradosso per il quale attività sociali o a favore dei giovani non ottengono regimi di favore, concretizzando l’esatto contrario delle intenzioni dichiarate dal legislatore;

4. Favorire il microcredito sportivo per rilanciare una nuova generazione di impianti sportivi di promozione sociale, capaci di accogliere i bisogni sportivi di base e le necessità delle società sportive, non in grado di sostenere i grandi impianti, i quali vanno aperti e sostenuti per lo sport di alta prestazione; favorire, nella medesima linea, le operazioni di efficientamento energetico e lo sviluppo delle energie rinnovabili al servizio dell’impiantistica sportiva;

5. Favorire l’alleanza tra scuole e società sportive sul territorio, sostenendo una progettazione integrata che incrementi la polisportività e la conoscenza dei differenti sport praticabili; la proposta è di integrare il tempo obbligatorio scolastico con almeno ulteriori due ore settimanali, curate dalle società sportive del territorio insieme alle scuole, favorendo la polisportività e la conoscenza delle opportunità disponibili per i ragazzi; in tal senso, appare opportuno approfondire anche l’orientamento non solo alle figure atletiche, ma anche a quelle di organizzatori sportivi, arbitri e giudici di gara, ecc., almeno delle scuole secondarie;

6. Scrivere una legge quadro sullo sport dilettantistico che, finalmente, offra uno scenario organico allo sport di promozione sociale.

7. Costituzione di una cabina di regia interministeriale (welfare, sanità, istruzione, ambiente, sport per citarne alcuni) allargata alla componente del Terzo Settore sportivo che abbia come focus la ridefinizione dello sport (vedi elementi del libro bianco dell’Unione Europea) e lo faccia diventare strumento “normato” di politiche pubbliche;

8. Costituzione del Ministero dello Sport, dotato di specifiche competenze attuative del modello sport italiano e con risorse ad hoc per la promozione e lo sviluppo dello sport di comunità;

9. Inserimento nei piani di welfare integrativo e privato, dello sport come valore interamente deducibile in quanto incidente positivamente sulla vita delle persone;

10. Sviluppo di un percorso normativo che porti a normare e a creare dignità al lavoro nel mondo dello sport, che oggi impegna quasi 1,5 milioni di persone